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12 maggio 2002
 
Reticoli romanici

La storia dei reticoli magnetici sta diventando una telematiconovela senza fine. L'ultima puntata che mi viene in mente (per dissociazione di idee) è quella sulle chiese romaniche. Questi edifici sono distribuiti capillarmente sul territorio pisano e, pur diversi tra loro per forma e dimensioni, posseggono elementi comuni paragonabili ai caratteri genetici di una specie animale. Per secoli le popolazioni locali hanno disseminato la piana dell'Arno e le pendici del Monte Pisano di basiliche, chiese e piccole pievi in pietra.
In quest'opera titanica (considerati lo stato della tecnica e la manodopera disponibile) sicuramente la passione religiosa è stata assecondata dalla mancanza di passatempi alternativi: niente tv, niente computer, niente cinema e discoteche, niente centri commerciali, niente ingorghi autostradali in cui trascorrere piacevolmente il week-end. Gli artefici di queste costruzioni, che immagino concentratissimi e un po' esaltati, hanno creato ambienti di grande suggestione: un equilibrio perfetto tra timore reverenziale per la divinità, leggerezza e invito alla meditazione. Questo almeno è ciò che trasmettono a me e in mancanza di contraddittorio postulo tali sensazioni come universali.

Torniamo al maledetto reticolo...
Molte chiese romaniche hanno collocazioni apparentemente illogiche: fuori dai centri abitati, in posizioni impervie, lontane dalle vie di comunicazione. Perché?
Vedo laggiù in fondo un fanatico degli influssi extrasensoriali che alza la mano e gli cedo volentieri la parola: "Indubbiamente i nostri antenati scelsero i siti dove l'energia positiva era più forte. E' sufficiente sostare in quei luoghi per provare benessere e calma interiore. D'altra parte le chiese cristiane spesso furono costruite sopra templi pagani, a conferma della benignità dei luoghi; per esempio durante il restauro della Pieve di S. Giulia a Caprona sono stati rinvenute le fondamenta di un edificio romano e, forse, di uno etrusco sottostante".
C'è uno scettico che si agita, impaziente di controbattere: "Ciò che interessava delle costruzioni più antiche era soprattutto il materiale da riutilizzare in loco: blocchi di pietra squadrata, capitelli ecc. Quanto alla collocazione"bizzarra" delle chiese, non dimentichiamo che il territorio è stato profondamente modificato nel corso dei secoli: quella che oggi appare come una pianura fertile un tempo poteva essere ricoperta da una palude malsana; quello che oggi è uno stradello polveroso poteva costituire nel Medioevo un'importante via di comunicazione.
La sensazione di pace interiore che proviamo in queste chiese è dovuta all'equilibrio delle forme, alla bellezza forte e austera delle costruzioni stesse che, se rimaneggiate in epoca successiva, perdono ogni fascino. La stessa Pieve di S.Giulia ha guadagnato molto dall'eliminazione di un altare barocco che aveva le dimensioni ed il pregio estetico di un TIR con rimorchio".

Non so a chi dare torto. Se avessi a portata di mano il mio Moby Dick potrei azzardare un paragone tra il vascello che fende le acque dell'oceano e l'abbazia di S. Antimo che emerge all'improvviso dalle colline senesi.
Invece posso solo dire con certezza che l'abbazia non potrebbe essere in nessun altro posto.






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